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Emozioni

Notte tra sabato e domenica, ore 3:00 del mattino. Sono in ufficio a chiudere il trimestre IVA. Squilla il fisso, il tipo di tono mi indica che è Marilena da casa. Rispondo rapidamente, immagino si sia svegliata e voglia incitarmi a salire: “Sali!” mi dice. Scherzosamente, come sempre, le rispondo “Salgullìo”. Una pausa, lei è seria, un po’ spaventata. “Credo mi si siano rotte le acque” mi dice. Il mio corpo viene scosso da un brivido: salgo, guardo il letto…si, si sono rotte le acque. Mi faccio una doccia rapida, lei non ha dolore, prendiamo i borsoni tanto a lungo preparati, avvisiamo i genitori, ci incamminiamo verso il Policlinico.
Chiamo Marco, il ginecologo, non risponde. Gli mando un SMS per avvisarlo e continuo a chiamarlo: mi risponderà dopo, verso le 6 del mattino. Al Policlinico la morte civile che, stranamente, preferisco: mi infonde tranquillità. 20-25 minuti di attesa, la prima visita, non c’è dilatazione, comunque si passa in sala travaglio.

Lei dentro, io fuori assieme agli altri. Rabbia per non poter essere con lei, emozione, paura. Il cuore e lo stomaco mi confermano i sentimenti che provo, qualora ce ne fosse stato bisogno. Inizia una lunga attesa intervallata da brevi pause in cui esce con noi, notizie frammentate, bambini che nascono e partorienti che entrano. Pare che il parto non sarà oggi, non c’è dilatazione

Alle 12:30 la notizia: la dilatazione è di 4 centimetri. Alcune lacrime, silenziose, rigano il volto di Angela. Si allontana, probabilmente per un suo senso di dignità. Quando torna, pochi minuti dopo, è composta come l’ho sempre vista. Rapidamente la dilatazione passa a 6 cm, poi 7 cm. Marilena vuole l’epidurale, troppo dolore. Marco si arrabbia ma acconsente. Gli ripeto, per l’ennesima volta, che voglio essere lì. Mi perdo il travaglio e le dolorose operazioni preliminari, anestesia inclusa. Mentalmente impreco perchè so che sono tutti momenti persi che non rivivrò più, tutti momenti in cui io e Marilena non abbiamo potuto essere assieme e anzi…Marilena non ha potuto essere assieme a nessuno.

Mentre passeggio nervosamente per il corridoio e la mia mente vaga tra questi pensieri, sono le 15:45, Marco viene fuori, mi guarda e mi dice che è il momento. Il cuore in gola, un’emozione mai provata e che mai avrei pensato di provare. Entro, non riesco a mettere le coperture delle scarpe per la sala parto, Marco mi aiuta. Guardo le porte per capire dove si trova lei, la vedo mentre attende la contrazione per provare a liberare Giovanni, nostro figlio. Non voglio perdere altri momenti, le sono accanto, le prendo la mano, le mantengo goffamente la testa. L’ostetrica mi spiega come fare.

L’epidurale non consente la massima spinta, le puericultrici vengono mandate indietro. Sono in piedi da quasi 48 ore. Sono stato teso e nervoso, ora sono felice. Marco prova delle manovre sulla pancia di Marilena, la testa di Giovanni scende ma dice che non è ancora il momento. Una colata di sudore freddo mi imperla la fronte, non so se riuscirò a rimanere in piedi. Non sono mai svenuto in vita mia, ricordo la stessa sensazione da ragazzo, i miei famosi cali di pressione che finivano in due minuti. Il parto sembra lontano, dico che mi allontano e lo faccio.

Mi dicono di svestirmi e andarmene, rispondo di no, “mi riprendo e rientro” dico a loro e a me stesso. Non è stato il sangue o il parto, solo un calo di pressione. Quanto tempo è passato? 30 secondi, forse 1 minuto, non di più. Sento il vagito, mi maledico per non aver resistito. Corro in sala parto, la sensazione di debolezza è solo un ricordo.

Marco mi dice di andare via, mi dice che se non ho resistito alla spinta, figuriamoci se resisto al distacco della placenta. Il bambino è ancora attaccato al cordone, è bellissimo. Guardo Marco e gli dico che è tutto a posto, che me la sento. Mi scruta per un attimo e non mi dice più niente: non ci frequentiamo molto ma ci conosciamo da anni e, credo, ci stimiamo reciprocamente. Si fida di quello che gli dico, mi lascia rimanere.

Giovanni viene portato nell’incubatrice, lo seguo e lo guardo un attimo. Poi torno da Marilena: per oggi ha trascorso troppo tempo da sola. Si sta rilassando un attimo ma non è ancora finita: le tolgono il cordone ombelicale, viene via anche la placenta. Come avevo previsto, non mi impressiona. Mi fanno rimanere, ne sono contento. L’atmosfera si rilassa, iniziano a mettere i punti. Si ride e si scherza ed io, mentalmente, mi maledico per non aver resistito. Era solo un calo di pressione, un maledetto calo di pressione che non mi ha consentito di vedere il distacco delle due persone che amo, forse il momento più bello. Credo di aver raccontato questa storia 100 volte domenica e, conoscendomi, credo che la racconterò ancora moltissime volte.

Marilena prova dolore per i punti, Marco non vuole farla soffrire: le fa un’altra anestesia, locale. Pochi minuti ancora e termina tutto, Marilena viene portata fuori per qualche istante, in “pasto” ai parenti, io sempre al suo fianco. Hanno intravisto il bambino, 4730 g. Chiedo a mia madre di comprare dei gelati per lo staff medico che ha compiuto il miracolo, ho promesso loro che glieli avrei portati. Mia madre comprende e acconsente. Marco mi dice che è il parto naturale con bimbo più grosso che abbia mai fatto, mi dice che il precedente record risale a 12 anni prima, 4650 g.

I miei mi guardano perplessi, mi rendo conto di puzzare, sono sudatissimo ma anche felicissimo…anche se mi è mancato quel momento, quel momento importante.

Marilena viene riporata dentro, per accertamenti. Ancora qualche ora, il bambino rimane al nido. Marilena esce, avvisiamo il nido. Dopo pochi minuti arriva Giovanni. Ecco, adesso è finito tutto…o forse è solo cominciato.

Pieraccioni diceva che nella vita di un uomo i giorni importanti si contano sulle dita di una mano, gli altri fanno numero. Non aveva torto. Se mi dicessero di vivere altri cent’anni o di vivere un solo altro giorno, scelto da me, sceglierei domenica 17 maggio 2009. E questa volta non andrei via, non finchè non vedo Giovanni uscire da Marilena.

Vorrei scrivere tante altre cose, descrivere ogni singola sfumatura di ogni singola emozione ma, purtoppo, non sono così bravo. O forse ho paura di farle fuggire via.

Adesso Giovanni è con noi, quella domenica sembra lontanissima e i ricordi, adesso vividissimi, pian piano sfumeranno e diventeranno materiale di racconti tra parenti durante le riunioni domenicali, magari modificati per ridere o solo perchè il tempo rende le cose meno chiare. Sono sicuro, pero’, che nella mia mente, nel mio cuore e nel mio stomaco rimarranno intatti i momenti e le emozioni che ho provato e che non potrò provare mai più, rimarrà il primo rimpianto della mia vita, rimarrà la gioia per quello che ho avuto e la rabbia per quello che, sono certo, è un nostro diritto che ci è stato negato ma, soprattutto, rimarrà la certezza che la felicità, quella vera e completa, ha mosso i primi passi in una calda notte d’agosto dopo una serata ad Ostuni per iniziare compiutamente alle 3:00 di una tiepida domenica di maggio.

Sarei contento se chi legge percepisse un millesimo delle emozioni che ho provato, altrimenti mi scuso per avervi annoiato con questa storia un po’ melensa, molto diversa da quelle che scrivo.

In ogni caso, dovevo scriverla. Per forza. Te l’avevo promessa, è per te. E forse non è una coincidenza che questo post sia terminato, guardacaso, proprio alle 3:00.

4 thoughts on “Emozioni

  1. Marco Marinaccio says:

    Penso che quanto raccontato da Ugo sia una “pagina” imperdibile di quello che un travaglio e un parto possano regalare in termini di ansia, tensione e gioia incalcolabili. Sono contentissimo di esserne stato un interprete insieme a Marilena, Ugo e lo staff che mi ha supportato in questa “memorabile” (4730 grammi!!!!) impresa.

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  2. Cinzia says:

    Caro Ugo..non hai trasmesso solo un’emozione..ti giuro che stava quasi per cadermi una lacrima a leggere quello che hai provato.. non è da tutti riuscire a trasmettere così tante emozioni “solo” attraverso la scrittura…
    Un bacio

    Rispondi
  3. annamaria says:

    Complimenti!! mille emozioni e anche una lacrimuccia… ho sentito che il dottore è molto bravo. presto anch’io mi rivolgerò a lui.

    Grazie per l’emozione.

    Rispondi
    • Ugo Lopez says:

      È molto bravo, se vuoi contattami in privato e ti fornisco i dettagli!

      Rispondi

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